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Munari Bruno

Bruno Munari nasce a Milano nel 1907. Trasferitosi con i genitori a Badia Polesine, a diciotto anni torna da solo a Milano dove lavora presso studi di grafica.

È qui che, appena ventenne, entra in contatto con i futuristi della seconda generazione, con cui espone in numerose collettive, soprattutto alla Galleria Pesaro (1927, 1929, 1931, 1932), e in molte altre occasioni anche internazionali (Biennale di Venezia del 1930, 1934, 1936; Quadriennale di Roma del 1935, Triennale di Milano del 1936 e del 1940). Del 1930 è la sua prima scultura “aerea” che si trasformerà nel 1933 nella famosa serie di Macchine inutili. Prosegue contemporaneamente il lavoro di grafica e di progettazione per l’ufficio: dal 1930 al 1937, con Riccardo Ricas, forma lo studio R+M, specializzato in grafica. Collabora inoltre a numerose riviste come La Lettura, Natura, Settebello, Grandi Firme, L’Ufficio Moderno ecc. Illustra libri futuristi tra cui, nel 1937, Il poema del vestito di latte di Marinetti, e progetta anche lavori pubblicitari per la Campari. Si distacca progressivamente dal gruppo futurista, per ritrovarsi in una posizione autonoma rispetto a tutti i movimenti artistici italiani. Nel 1942 esce per Einaudi il fortunato libro Le macchine di Munari, mentre due anni dopo la rivista Domus pubblica le sue Fotocronache. Nel 1945 esce presso Mondadori una serie di libri innovativi per bambini, che saranno stampati in molte lingue. Sono anni in cui Munari si dedica ai primi progetti tridimensionali: altre Macchine inutili e il prototipo dell’Ora X proposto come multiplo nel 1963 da Danese.

Nel 1948 a Milano è tra i fondatori - con Gillo Dorfles, Gianni Monnet e Atanasio Soldati - del Movimento Arte Concreta (MAC), che contribuisce allo svecchiamento dell’arte italiana attraverso la proposta dell’astrattismo geometrico e della “sintesi delle arti”, posizione interdisciplinare tra pittura, architettura plastica e prodromi dell’industrial design. Per il movimento, che dura sino al 1958, Munari progetta alcuni bollettini informativi secondo le sue idee trasgressive sull’oggetto-libro, oltre a esporre in numerose personali e collettive, in alcune delle quali presenta i suoi Libri illeggibili (1950) fatti di racconti puramente visivi e i primi dipinti del ciclo Negativi-positivi, quadri astratti che disegnano contemporaneamente “in due parti”. Nel 1952 gli arrivano dal settore industriale le prime richieste per produrre oggetti di serie.

Vince il premio Compasso d’oro nel 1954. L’anno successivo arriva un altro Compasso d’oro, ma è nel 1957, con l’inizio della collaborazione con la ditta Danese di Milano, che Munari comincia a progettare con continuità oggetti di industrial design. Del 1957 è il suo famoso Posacenere cubico, che genera una famiglia di oggetti. Un anno più tardi, Munari crea un linguaggio di segni modellando i rebbi delle forchette e, sempre in quell’anno, presenta le Sculture da viaggio.

La sua fama si diffonde anche all’estero: durante gli anni Cinquanta espone in Europa e negli Stati Uniti le sue Macchine inutili, le Aritmie, mentre cominciano i frequenti viaggi in Giappone, a riprova delle sue affinità con quella cultura.

Nel 1962 organizza, presso il negozio Olivetti di Milano, la famosa mostra di Arte Programmata, mentre agli anni dal 1961 al 1965 risale una serie di multipli, oggetti estetici prodotti serialmente. Nel 1967 è invitato dall’Harvard University a tenere un corso di comunicazione visiva presso il Carpenter Center for the Visual Arts di Cambridge, nel Massachusetts: da quelle lezioni nasce il libro Design e comunicazione visiva, che si affianca a volumi in cui espone le proprie idee sul design. Partecipa alla Triennale di Milano del 1968 con un progetto d’ambiente abitabile minimo (con L. Forges Davanzati e P. Ranzani), e dello stesso anno sono i primi Giochi didattici, ideati per Danese col concorso del pedagogista Giovanni Belgrano.

Per la ditta Robots progetta l’Abitacolo (1970-71), una struttura abitabile trasformabile per bambini: dall’Abitacolo deriva una lunga serie di oggetti che vengono prodotti ancora oggi. L’interesse per l’infanzia si concretizza, nei Giochi, nei Libri destinati ai bambini o agli insegnanti e nei “laboratori per l’infanzia” che ancor oggi sono richiesti in tutto il mondo.

Nel 1979 riceve un altro Compasso d’oro per l’Abitacolo, poi una menzione d’onore dell’Accademia delle Scienze di New York, il Premio della Japan Design Foundation (1985), il Premio Spiel Gut di Ulm (1971, 1973, 1987), il Premio Andersen (1974), il Premio Lego (1986) e il Premio dell’Accademia dei Lincei per la grafica (1988). Nel 1989 ottiene la laurea ad honorem in architettura dall’Università di Genova.

Negli anni ’80 e ’90 la creatività di Munari non si esaurisce, anzi si concretizza in nuovi e diversi cicli di opere, quali le sculture Filipesi del 1981, i Rotori del 1989, le Strutture Ad Alta Tensione del 1990 e le grandi sculture in acciaio corten esposte a Napoli, Cesenatico, e Riva del Garda. Uno dei suoi ultimi progetti è l’orologio “tempo libero” realizzato dalla Swatch nel 1997.

Pur lavorando essenzialmente da solo, ha avuto molti collaboratori: per la musica Davide Mosconi, per il cinema Carlo Cossio (1930) e Marcello Piccardo (1960), per la luce Piero Castiglioni, per il design Marco Ferreri, per le edizioni di grafica d’arte Paolo Minoli, e con Maurizio Corraini ha pubblicato gran parte dei suoi ultimi libri.

Bruno Munari muore a Milano nel settembre del 1998.


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